La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine,
sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, kamut, orzo, segale,
spelta e triticale. Il consumo di questi cereali provoca una reazione avversa nel
celiaco dovuta all’introduzione delle prolamine con il cibo all’interno
dell’organismo.
L’intolleranza al glutine genera infatti gravi danni alla
mucosa intestinale quali l’atrofia dei villi intestinali. Per curare la
celiachia, attualmente, occorre escludere dal proprio regime alimentare alcuni
degli alimenti più comuni, quali pane, pasta, biscotti e pizza, ma anche
eliminare le più piccole tracce di glutine dal piatto. Questo implica un forte
impegno di educazione alimentare. Infatti l’assunzione di glutine, anche in
piccole quantità, può provocare diverse conseguenze più o meno gravi. La dieta
senza glutine, condotta con rigore, è l’unica terapia attualmente che
garantisce al celiaco un perfetto stato di salute. Nei bambini, nella maggior parte dei casi, l’intolleranza
si evidenzia a distanza di circa qualche mese dall’introduzione del glutine
nella dieta, con un quadro clinico caratterizzato da diarrea, vomito,
anoressia, irritabilità, arresto della crescita o calo ponderale. Nelle forme
che esordiscono tardivamente, dopo il 2°-3° anno di vita, la sintomatologia
gastroenterica è per lo più sfumata e in genere prevalgono altri sintomi,
quali: deficit dell’accrescimento della statura e/o del peso, ritardo dello sviluppo puberale, dolori
addominali ricorrenti, anemia sideropenica, che non risponde alla
somministrazione di ferro per via orale. Alcuni esami di laboratorio (anticorpi
antigliadina, antiendomisio e antitransglutaminasi) possono rafforzare il
sospetto diagnostico di celiachia, ma solo la documentazione di anomalie della
mucosa enterica (atrofia totale o parziale dei villi, prelevati mediante una
biopsia eseguita durante una gastroscopia), può consentire la diagnosi.
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